ARMALYTE

GENERE: Shoot'em Up | PRODUTTORE: Thalamus | SVILUPPATORE: Cyberdyne Systems | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1988
Alla fine degli anni Ottanta il videogioco per eccellenza era quello da sala. Inarrivabili baluardi della tecnologia più avanzata, monoliti neri dello scibile ludico, sogni bagnati di sciami di ragazzini sudati con le manine pacioccose, i Coin-Op erano anche un'inesauribile miniera d'oro per le compagnie di sviluppo europee. Case come U.S. Gold, GO!, Domark e Ocean guadagnavano ingenti fortune acquistando i diritti di conversione dei cabinati più in voga (in genere provenienti dal lontano Giappone, da sempre visto come irraggiungibile terra delle meraviglie) e realizzando trasposizioni casalinghe che, nel migliore dei casi, sfioravano l'indecoroso. Ma c'era anche un'altra tendenza, decisamente meno truffaldina: programmare, nativi per le piattaforme domestiche, giochi in grado, se non di competere ad armi pari, almeno di non sfigurare nell'impari confronto. L'ossessione dell' "home coin-op", tanto sbandierato dalle riviste del settore, divenne vera e propria mania nel biennio 1987-88, con Hybris e Menace su AMIGA e Denaris e Armalyte su C64. Già, Armalyte.

Prodotto dalla Cyberdyne Systems di Robin Levy e Dan Phillips e distribuito dalla allora potentissima Thalamus, Armalyte era uno sparatutto a scorrimento orizzontale, girava su Commodore 64, aveva sette enormi livelli, armi potenziabili e un corredo di guardiani massicci & incazzati. Niente di nuovo, quindi? Certamente, almeno dal punto di vista strutturale. Anche se non mancavano alcuni guizzi (L'ammennicolo meccanico indistruttibile che segue da vicino l'astronave del giocatore, raddoppiandone la potenza di fuoco; il devastante laser, attivabile tenendo premuto il pulsante, previo depotenziamento dell'arma principale; i boss di metà livello), in questo campo Armalyte rientra perfettamente nei canoni del genere. Le prime sorprese arrivano però quando si analizza il level design. Estremamente più evoluta rispetto alla media del periodo, la conformazione dei livelli prevede zone irte di ostacoli naturali e strettoie ad alto rischio di contrazione sfinterica. In due occasioni c'è addirittura da premere un pulsante a suon di colpi per disattivare un muro elettrificato altrimenti letale. La varietà, aumentata anche dalla notevole (per i tempi) diversificazione dei nemici e delle dinamiche delle loro ondate, è quindi altissima e in grado di ridicolizzare buona parte della concorrenza, dove il giocatore credeva di affrontare sempre la stessa sezione. E poi c'era la difficoltà: implacabile, come imponevano le regole, ma mai scorretta. Armalyte, insomma, riusciva ad essere anche divertente ed equilibrato, soprattutto in due.

Tuttavia a poco valevano queste qualità quando si parlava dell'unica cosa che interessava realmente i videogiocatori dell'epoca: la grafica. E quella di Armalyte era qualcosa di veramente eccezionale. L'opera Cyberdyne accoglieva l'utenza sbavante con uno strabiliante doppio livello di parallasse ed una fluidità modello "Po' in piena", senza rallentamenti o sfarfallii neanche quando sullo schermo c'erano decine e decine di sprites. E la cosa succedeva in continuazione. Le animazioni, sia dell'astronave protagonista che di quelle avversarie erano realizzate con una quantità industriale di fotogrammi e osservare il loro elegante cabrare o il loro furioso roteare su se stesse generava una goduria immensa, in grado di ipnotizzare davanti allo schermo praticamente chiunque. E poi c'erano i fondali. Molte volte era lo spazio profondo, carico di fascino e mistero, ad accompagnare le tremende battaglie, ma quando si sorvolavano anche le superfici dei pianeti o delle basi spaziali nemiche, lo spettacolo era senza precedenti: sinuose ed imponenti strutture metalliche, maestose formazioni rocciose, impressionanti agglomerati biomeccanici, immense costruzioni dal forte sapore neo classico, con le loro colonne e i loro templi adornati da preziosi capitelli: Armalyte miscelava senza soluzione di continuità stili e atmosfere totalmente diverse con sapiente maestria. Il livello di dettaglio e la straordinaria colorazione rendevano la visione del titolo Thalamus sconsigliabile ai deboli di cuore. Un'impressionante dimostrazione di padronanza tecnica certo, ma con un'anima.

Armalyte nel 1988 venne considerato un capolavoro, in grado di dimostrare di cosa era ancora capace il vecchio CBM, proprio mentre l'AMIGA si accingeva a dominare la scena. La stupita utenza sessantaquattrista, esaltata dal perentorio 97% calato da Zzapp!, si divise in chi "adorava Armalyte" e in chi "preferiva Denaris", dando vita ad uno scontro col senno di poi alquanto inutile ma che allora risultava dannatamente divertente. Non quanto il gioco stesso però, prezioso monumento ad un modo forse ingenuo ma sicuramente appassionato e sincero di intendere il videogioco.
Andrea Corritore
Armalyte

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