CHO MAKAIMURA

GENERE: Platform | PRODUTTORE: Capcom | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1991
A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, avere le migliori conversioni dei Coin-Op più in voga significava scoccare una freccia magica, con la quale legare fedelmente alle proprie macchine milioni di videogiocatori sbavanti. SEGA lo sapeva bene e per spingere il Mega Drive nei cuori degli appassionati più intransigenti si accaparrò, con una mossa intelligente e veloce, i diritti per riprodurre capolavori del calibro di Strider Hiryu, Mercs e Dai Makaimura. Ma i tempi erano destinati a cambiare con l'ingresso di Nintendo nel campo dei 16 bit. Con una mossa ancor più intelligente e veloce, la grande N stipulò contratti per la produzione di titoli esclusivi per il suo Super Famicom. Titoli dotati di qualità, richiamo e importanza tali da oscurare qualsiasi riproduzione approssimativa dei successi da sala apparsa sino ad allora. Di questa cerchia di eletti faceva parte Cho Makaimura, nientemeno che il terzo episodio ufficiale della saga iniziata nel 1985 da Makaimura, noto in occidente come Ghosts'n Goblins. Atteso per quasi tre anni nelle sale di tutto il mondo, il gioco era finalmente pronto. Ma l'unico modo per accedervi era possedere un Super Famicom, requisito che trainò in maiera radicale le vendite della nuovissima macchina targata Nintendo.

Essendo uscito nella primavera del 1991, Cho Makaimura apparteneva ancora alla prima generazione di prodotti per il 16 bit targato Kyoto. Ma la qualità dell'apparato audiovisivo già mostrava con inequivocabile chiarezza quanto Capcom fosse maestra nello sfruttare fino al limite le tecnologie con le quali si trovava a lavorare. Utilizzando tutti e 256 i colori su schermo garantiti dal chipset grafico, i programmatori allestirono uno spettacolo visivo senza precedenti: decine di sprites animati con gran spreco di fotogrammi si muovevano senza incertezze su fondali dettagliatissimi e glorificati da svariati livelli di parallasse, trasparenze, rotazioni e zoom in Mode 7. C'era qualche rallentamento e la risoluzione era più bassa, ma, visivamente, Cho Makaimura superava il suo diretto predecessore, che pure girava su una potentissima scheda CPS-1. Come se non bastasse, il comparto audio raggiungeva le stesse, altissime vette: dagli inquietanti giri di basso ai misteriosi pizzicati d'archi passando per le spettrali note d'organo, la colonna sonora era un concentrato di emozioni, atmosfera e perizia tecnica.

Ma Cho Makaimura non era solo un'opera visivamente splendida, perché anche il livello di giocabilità raggiungeva altezze vertiginose. L'impianto strutturale rimaneva lo stesso dei precedenti capitoli, anche se con alcune importanti modifiche. Persa la capacità di attaccare in alto o in basso come in Dai Makaimura, Arthur ritornava al fuoco in linea retta che tanti improperi aveva contribuito a coniare in Makaimura. I salti rimanevano sempre rigidi ma faceva il suo esordio la facoltà di eseguire un doppio balzo premendo due volte l'apposito pulsante, operazione che consentiva di cambiare direzione in volo in modo del tutto inedito per la saga. I movimenti del protagonista continuavano ad essere legnosi rispetto ai giochi concorrenti, ma la novità introdotta consentiva di avere una maggiore discrezionalità a tutto vantaggio della flessibilità. Perchè il level design obbligava a sfruttare a fondo ogni singola abilità concessa, rendendo le partite appassionanti, divertenti, al limite del compulsivo. In quest'ottica rientrava anche la gestione delle armi secondarie. Alcune inedite, altre riprese da Dai Makaimura, conoscerne e padroneggiarne alla perfezione le caratteristiche era indispensabile per superare le infinite sezioni apparentemente impossibili o i giganteschi avversari finali, aumentando lo spessore e l'interesse.

Quello che Cho Makaimura conservava dagli antenati era però l'esagerato livello di difficoltà. Tra nemici veloci e resistenti che sbucavano ovunque, baratri e fosse piene di lava, violente mareggiate, paurose valanghe, trappole, insidie e pericoli ad ogni pie' sospinto, non c'era un attimo di tregua per lo sventurato avventuriero. Lo scorrere dei livelli era accompagnato dal suono di bestemmie da scomunica, che andavano a sovrapporsi impietosamente alle meravigliose musiche. La tensione era sempre altissima, lo sfintere costantemente contratto e l'accumulo di frustrazione rischiava di superare il limite dell'implosione cerebrale. Fortunatamente, in un impeto di buon cuore, i programmatori decisero di aumentare gli aiuti dati ad Arthur sottoforma di due nuovi tipi di armatura speciale. La verde potenziava l'effetto delle armi e la dorata consentiva di usufruire di un colpo speciale caricato. Ogni arma aveva il suo, tutti con le loro specifiche peculiarità adatte in determinate situazioni. Capire qual'era l'arma giusta al momento giusto significava quindi ricomporre tutti i tasselli di un mosaico di straordinaria bellezza.

Perché, nonostante la mancanza di pietà per il povero giocatore, Cho Makaimura era incredibilmente coinvolgente. L'atmosfera, il divertimento, la gratificazione, lo spessore ludico e la superlativa realizzazione tecnica, lo resero uno dei più grandi giochi di piattaforme presenti nella lussuosa ludoteca del 16 bit Nintendo. Un capolavoro non per tutti ma in grado di far innamorare chiunque non si lasci spaventare da un livello di difficoltà paragonabile ad un destro di Tyson in pieno volto.
Andrea Corritore
Cho Makaimura

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