FINAL FIGHT

GENERE: Beat'em Up | PRODUTTORE: Capcom | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1-2 | ANNO: 1989
Sometime in the 1990's...
Ad un certo punto, all'inizio degli anni Novanta, Final Fight della Capcom arrivò nelle sale giochi di mezzo mondo e con lui nacquero i picchiaduro a scorrimento. O meglio, i picchiaduro a scorrimento come ce li ricordiamo oggi. Pestato Kung Fu Master, massacrato Double Dragon e polverizzato Bad Dudes vs Dragon Ninja, il gigantesco gioco della casa di Osaka piazzava i suoi altrettanto giganteschi sprites in cima all'Olimpo del genere, dettando regole che i suoi fedeli discepoli avrebbero seguito sino all'estinzione completa della specie.

Giocare Final Fight oggi è un po' come guardare l'album di famiglia: ci sono tutti i luoghi comuni, estetici e ludici, che a cavallo tra gli ultimi due decenni dello scorso secolo facevano impazzire i videogiocatori, garantendo il successo planetario dei titoli che li sfoggiavano con maestria. C'è il classico scontro manicheo tra bene e male, con i cattivi rappresentati dal simbolo del disagio metropolitano, le bande criminali. Ci sono i buoni, impersonati dalle istituzioni (il sindaco Mike Haggar) e dai vigilanti che si fanno giustizia da soli (gli esperti di arti marziali Cody e Guy, equamente divisi tra Stati Uniti e Giappone). C'è un'ambientazione che riassume in sè tutti gli stereotipi dei film d'azione a basso costo fioriti durante l'epoca dell'edonismo Reaganiano, con il ghetto malfamato e le sue carcasse di auto, la stazione della metropolitana, il quartiere italiano, le arene per gli incontri clandestini di lotta e la zona industriale con l'immancabile ascensore. Ci sono nemici caratterizzati in maniera indimenticabile (i punk, le picchiatrici sadomaso, gli energumeni che prendono nome e aspetto dal wrestler-mito Andrè the Giant). Ma Final Fight non è una semplice opera di taglia e cuci post-moderna: è una vera e propria spugna culturale, che assorbe le tendenze e le atmosfere in cui è nata e cresciuta e le risputa fuori arricchite da tanta di quella personalità da rendere la miscela finale a dir poco esplosiva. Una miscela caratterizzata da una direzione artistica superba, che rapisce il giocatore e lo affascina come mai questi aveva visto fare, trasmettendogli perfettamente i colori, gli odori e i suoni della strada. Perché è sulla strada che nasce Final Fight, ed è alla strada l'opera Capcom porge un prezioso e rispettoso omaggio.

Ad un certo punto, durante gli anni Novanta, Final Fight si diffuse in tutte le sale giochi del mondo, ed anche il picchiaduro a scorrimento raggiunse quella dignità ludica che meccaniche semplicistiche e ripetitive e controlli legnosi e imprecisi gli avevano sempre negato. I tre personaggi disponibili sono profondamente diversi, e propendere per l'uno o per l'altro significa cambiare totalmente la strategia con la quale si affrontano i livelli. Il numero di mosse è elevato ma sono le collisioni a tracciare il solco tra l'opera Capcom e la concorrenza. Una perfezione ed una complessità nella gamma di reazioni dei nemici alle sollecitazioni del giocatore che ha tutt'oggi del miracoloso e che permette di sviluppare persino un'ampia varietà di strategie. E che soprattutto da realmente la sensazione di far male agli avversari. Un gusto per la violenza senza eccessi ma reso con psicologica maestria. Il divertimento raggiunge quindi altezze stellari, così come la voglia di perfezionarsi, amplificati dalla vasta quantità di armi a disposizione. L'azione è furiosa ma mai confusionaria, la difficoltà elevatissima ed in alcuni casi quasi insormontabile, ma per questo c'è la modalità a due giocatori, che garantisce tra l'altro il raggiungimento del Nirvana videoludico. Final Fight da giocare è ancora oggi una goduria, in barba alla ripetitività che ammorba il genere sin dall'alba dei tempi ed in cui anche il gioco di Akira Nishitani purtroppo incappa. Ma non importa, tanto è il piacere del fracassare teste, trifolare zigomi e spezzettare braccine.

Ad un certo punto, verso la fine degli anni Novanta, qualcuno decise che Final Fight e la sua progenie erano obsoleti. Da co-dominatori del mercato furono declassati nel giro di pochi mesi a tristi relitti di un'epoca da dimenticare. Una sentenza di morte ingiusta e del tutto arbitraria, in quanto il picchiaduro a scorrimento è un frammento fondamentale della Storia del videogioco e Final Fight, con la sua ingenuità e i suoi colori, ne è il più illustre rappresentante.
Sometime in the 1990's...
Andrea Corritore
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