HEART OF DARKNESS

GENERE: Platform | PRODUTTORE: Interplay | SVILUPPATORE: Amazing Studio | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1998
Quella di Heart of Darkness potrebbe essere la storia di tutto ciò che è andato storto. Di come una delle più importanti ed ambiziose produzioni videoludiche di sempre sia arrivata rocambolescamente in ritardo all’appuntamento col destino, quando il mondo là fuori aveva già compiuto tanti e tali giri su se stesso da non essere più nemmeno riconoscibile. Ed è miracoloso il fatto che un simile titolo sia riuscito, nonostante tutto, ad arrivare nei negozi. Esito tutt’altro che scontato per il quale quale occorre ringraziare la mano misteriosa della provvidenza, considerata la grandiosità del risultato finale.

Heart of Darkness è un gioco di piattaforme cinematografico. Anzi, si potrebbe dire che è IL gioco di piattaforme cinematografico e non potrebbe essere altrimenti vista la contemporanea presenza in cabina di regia di entrambi i miti che, seguendo le intuizioni di Jordan Mechner e del suo principe di Persia, inventarono e reinventarono il genere, ovverosia Eric "Another World" Chahi e Frederick "Flashback" Savoir. E' un gioco che potrebbe essere la vostra vita, Heart of Darkness e, di sicuro, è stato la vita tanto di Chahi quanto di Savoir per almeno cinque anni (tanti, infatti, ce ne vollero per svilupparlo). Una meteora capace di bruciare ogni residua stilla di creatività e dal cui impatto, non a caso, i due non riemersero praticamente più.

C'è tutto, dentro Heart of Darkness. A partire da una storia pronta a miscelare in parti uguali avventurismo pre-adolescienziale e favolismo a là Roald Dahl, con la sua lettura psicologia della paura di un ignoto nel quale proiettare le proprie ansie quotidiane (esemplificata dalle grottesche creature fatte di puro buio che danno la caccia all'imberbe protagonista dentro i suoi incubi e dal feroce insegnante il quale, viceversa, lo perseguita in classe nella realtà di tutti i giorni). Ma non manca, anche e soprattutto, la curiosità di esplorare, stupefatti, sempre nuovi, incredibili, posti (il suo mondo magico e misterioso che, grazie alla cura ed all’ispirazione delle quali è frutto, porta il concetto di "narrazione ambientale" su nuovi, entusiasmanti livelli).

E poi c'è una fase interattiva straordinaria, con il genere di riferimento che raggiunge lo stato dell'arte. Una successione di schermate statiche all’interno delle quali saltare, arrampicarsi, interagire, combattere o scappare seguendo il dipanarsi degli eventi fa da palcoscenico all’azione: il giocatore deve capire le insidie e memorizzare la serie di comandi utili a superarle con il giusto tempismo in un vertiginoso vortice di prove ed errori per fortuna meno molesto rispetto ai predecessori (la frequenza dei punti di ripristino è più che abbondante e la lettura delle situazioni in cui ci si trova è intuitiva ed immediata, grazie alla sopraffina ideazione delle stesse). La spettacolarità coreografica e l'armonia ludica delle sequenze scenografiche, la vastità e l'utilità del parco mosse, l'inventiva delle catene di enigmi contestuali, la cattiveria dei combattimenti e, cosa più importante, la coesione e l'organicità di tutti questi elementi messi insieme raggiungono altezze inaspettate trasformando l’opera di Chahi e Savoir in un irresistibile concentrato di divertimento.

Ma, a stupire di più, è l'immaginario che Heart of Darkness riesce a creare: così maturo, suggestivo e credibile da lasciare ancora oggi a bocca aperta. Ogni fondale, ogni fotogramma di animazione, ogni effetto sonoro (magistrale la scelta di confinare la pomposa ed ingombrante musica orchestrale di Bruce Broughton alle scene di intermezzo lasciando solo ai rumori d’ambiente il compito di accompagnare le partite) è così colmo di amore, attenzioni e visionario estro da catapultare anche il più distratto direttamente dentro quell’universo sconosciuto, dentro il cuore di tenebra da cui Andy sta tentando di fuggire ma dal quale, nel contempo è anche morbosamente attratto. Un’ode a tutto tondo all’estetica del grande videogioco europeo per computer, con l’ambizione di travalicarne i limiti e farsi mezzo espressivo universale. Qualche difettuccio non basta a scalfire un titolo che, fosse uscito quando avrebbe dovuto (ottobre 1994 la prima data ufficialmente annunciata e subito disattesa), adesso sarebbe adorato ed onorato alla stregua dei suoi due illustri antenati.

Ma la storia, si sa, è matrigna e spesso mette tra le ruote qualche bastone di troppo. Di conseguenza, nello stesso anno di The Legend of Zelda: Ocarina of Time, Metal Gear Solid e Half-Life, un piccolo grande gioco capace solo di porsi come vertice di un genere che all’epoca appariva già come preistorico fossile, non poteva che passare poco più che inosservato. Niente crucci, però, perché si è ancora in tempo per rimediare e perdersi, di nuovo o per la prima volta, dentro quei seducenti luoghi oscuri.
Andrea Corritore
Heart of Darkness

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