THE SECRET OF MONKEY ISLAND

GENERE: Adventure | PRODUTTORE: Lucasfilm Games | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1990
Il genio è fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità d'esecuzione, diceva il Perozzi in Amici miei. Ed il genio, sui Personal Computer del 1990, si esprimeva in maniera esplosiva attraverso ridicoli apprendisti pirati, lisergiche isole caraibiche, cannibali vegetariani e improbabili scimmie a tre teste.

Quattro ingredienti che, assieme a mille altri, contriburono a edificare la leggenda inscalfibile di The Secret of Monkey Island e del suo autore, Ron Gilbert, sino a farne una delle più importanti produzioni occidentali degli anni novanta, capace da sola di riscrivere da capo le regole dell'intero genere (l'avventura grafica) a cui appartiene. Semplice complessità: questa l'antinomica definizione che viene in mente pensando al primo viaggio sull'Isola della Scimmia. Le innovazioni di portata storica e la perfezione della messa in scena apparivano infatti come il frutto naturale di un processo creativo sulla carta lineare, ma, a guardarlo bene, graziato dai crismi dell'unicità. In The Secret of Monkey Island non si fa altro che esplorare, parlare ed interagire. Ovvero quello che viene chiesto da qualsiasi altro esponente della sua categoria. Eppure il modo in cui queste tre azioni vengono proposte, mescolate ed inserite in un contesto ludico di abbagliante ispirazione segna uno spartiacque ancora più profondo di quello già scavato con Maniac Mansion nel 1987. Dal quale, tra l'altro, The Secret of Monkey Island riprende l'interfaccia (il celebre SCUMM) dopo averla snellita, razionalizzata e modernizzata a dovere. Quattro sono i pilastri attorno ai quali la creatura di Gilbert costruisce la propria grandezza: l'impossibilità di rimanere bloccati per non aver preso l'oggetto giusto al momento giusto o non aver parlato con la persona adatta al momento adatto, con il guaio di non poter più tornare indietro; l'assenza di linearità, visto che sin dal primo dei quattro capitoli il giocatore è lasciato libero di portare a termine nell'ordine che desidera i vari compiti assegnatogli (con gran guadagno in spassosa flessibilità); l'assenza della possibilità di morire, che evita frustranti ed arbitrarie ripetizioni punitive; la brillante logicità degli enigmi e la presenza di numerosi ed utili indizi per comprenderne i meccanismi e scovarne le soluzioni. Sembrano cose scontate, ma in quell'epoca ed in quel genere non lo erano affatto ed il visionario coraggio di chi ebbe l'ardire di inserire una simile messe di radicali innovazioni tutte insieme, allo stesso tempo ed in un solo gioco, lascia ancora oggi a bocca aperta.

Ma c'è un altro aspetto che rende The Secret of Monkey Island tutt'ora unico, ed è la sceneggiatura. I dialoghi sono semplicemente straordinari. Il loro minimo comun denominatore è l'ironia: a volte sottile, altre volte spietata, ma sempre adattissima alle situazioni e mai forzata. Si ride di tutto e di tutti, anche, e soprattutto, dei giochi della concorrenza e dei loro ormai anacronistici difetti. I tempi comici sono impeccabili. Gli scambi di battute tra Guybrush Threepwood e la sentinella cieca ed il venditore di barche fanfarone Stan o i duelli da vincere a suon di insulti sono veri e propri pezzi di storia dell'intrattenimento elettronico. La presenza di continue e magistrali citazioni (indimenticabile la pubblicità di Loom) è accompagnata persino da qualche riferimento che oggi chiameremo metareferenziale ma che all'epoca era solo sintomo di genio puro ed incontestabile. E, su tutto ciò, troneggia l'insuperato carisma degli attori. Con poche battute e altrettanti semplici gesti, Gilbert rende incredibilmente vivo il suo protagonista. Arrogante ma codardo, scaltro ma imbranato, sempre pronto alla risposta tagliente eppure incapace di dire cose sensate davanti ad una ragazza, Guybrush è un personaggio indimenticabile come pochissimi altri. Altrettanta cura è stata riposta anche nei co-protagonisti e, addirittura, persino nelle comparse minori. Dalla governatrice Eleine Marley al pirata fantasma LeChuck, passando per il naufrago Herman, il prigioniero Otis o il maestro di spada Carla, ogni carattere è cosi finemente cesellato da rendere la fruizione una goduria assoluta anche per chi non ha mai frequentato con particolare assiduità il mondo del videogioco.

La caratteristica migliore di The Secret of Monkey Island rimane però la sua irrefrenabile capacità di stupire. Ad ogni passo avanti la girandola di personaggi, situazioni, trabocchetti e luoghi lascia sempre con un sorriso colmo di stupore sul volto, anche grazie alla meravigliosa atmosfera regalata dallo stile grafico e dalle musiche, entrambe ai vertici delle rispettive categorie. I fondali disegnati da Steve Purcell sono infatti straordinariamente suggestivi e colmi di finissimi dettagli, mentre la colonna sonora composta da Michael Z. Land, con i suoi xilofoni, flauti e tamburi tribali, contribuisce a ricreare un clima che calza come un guanto sul demenziale, dissacrante, soggetto cui fa da accompagnamento.

In virtù di ciò, The Secret of Monkey Island è una pietra miliare. Il Blonde on Blonde delle avventure grafiche, cioè il gioco che ha segnato il confine non più oltrepassabile tra un passato funesto ed un futuro quantomai radioso. Durerà poco. L'arrivo delle sequenze filmate in Full Motion Video prima e della grafica poligonale poi farà cadere nel dimenticatoio il genere. Ma non il suo più grande esponente. Indimenticabile.
Andrea Corritore
The Secret of Monkey Island

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