PANG!

GENERE: Action/Puzzle | PRODUTTORE: Capcom | SVILUPPATORE: Mitchell | GIOCATORI: 1-2 | ANNO: 1989
Pang! è l'esempio più convincente di come non ci sia bisogno di chissà cosa per creare un classico immortale. Basta un'idea, tanto semplice quanto diabolica, per rimanere scolpiti nella storia e generare uno stuolo di fedelissimi appassionati che, a distanza di oltre un ventennio, è ancora abbarbicata agli schermi con la fronte imperlata di sudore e l'occhio carico di venazze rosse, intenta a superarsi ed a superare qualche astruso record.

Pang! è l'elogio dell'essenzialità. Due esploratori con un fucile spara-arpioni, cinquanta livelli a schermata fissa e delle enormi (e letali al tocco) sfere fluttuanti che, ogni volta che vengono colpite dall'arma dei protagonisti, si dividono in due parti di dimensioni via via più piccole fino a scomparire, consentendo il passaggio alla sezione successiva. Niente di più, niente di meno. Nella sua basica struttura ludica, però, Pang! è talmente perfetto da farsi classico immediato ed immediatamente riconoscibile. Un'icona, quasi quanto uno Space Invaders, un Asteroids (del quale, in un certo senso, potrebbe essere l'evoluzione), un Tetris od un Breakout. La maestria di Mitchell (piccola compagnia nata e cresciuta all'ombra della più potente Capcom) sta tutta nell'aver saputo trovare il difficilissimo equilibrio tra accessibilità e profondità che solo i più grandi prima di lei avevano raggiunto. Gli elementi che livello dopo livello si aggiungono, si posizionano in quella minuscola e scivolosissima striscia di spazio situata tra l'arricchimento e l'inutile ridondanza, facendo sì che l'opera dell'umile casa nipponica sia sempre divertentissima da giocare, sia per chi è alle prime armi sia per chi ne voglia sviscerare ogni più recondito anfratto.

Ecco quindi diverse tipologie di arpioni, tutte con le loro qualità e debolezze, da scegliere attentamente in base alla situazione nella quale ci si trova. Ecco una serie di ostacoli (piattaforme, trappole e curiosi animali "nemici" che interagiscono sia con il giocatore sia con le sfere nei modi più disparati) da evitare o da sfruttare per semplificarsi la vita. Chi si trova al di qua dello schermo è quindi costretto ad imparare a gestire in maniera intelligente le possibilità di cui dispone, che in breve diventano numerose e tutte perfettamente funzionali a rendere le meccaniche sempre più varie ma mai inutilmente complicate né ripetitive

Ma c'è di più: le sfere da abbattere a suon di arpionate galleggiano nell'aria secondo una serie di precise e realistiche leggi fisiche, la cui plausibilità lascia a bocca aperta, considerando le limitate capacità tecniche della scheda a 8 bit sulla quale Pang! gira. La rigida meccanicità sempre uguale a se stessa tipica dei vecchi videogiochi degli anni Ottanta è, nel titolo Mitchell, totalmente assente. Le partite sono sempre diverse e l'obbligo di imparare a memoria il percorso (come si faceva con i prodotti coevi) è del tutto inutile, sostituito dal saper padroneggiare al meglio gli elementi attivi a passivi che si hanno a disposizione. Ed il risultato è uno dei più armoniosi, flessibili e coinvolgenti ibridi tra azione e rompicapo che abbiano mai graziato le sale ed i bar disseminati per l'orbe terracqueo.

La sua perfezione formale fatta di controlli e collisioni precisissimi, la splendida grafica carica di colori caldi e vibranti, l'ipnotica colonna sonora ed il fascino senza tempo delle ambientazioni per le quali si viaggia (un giro del mondo mozzafiato dal monte Fuji all'isola di Pasqua) assieme alle gigantesche qualità strutturali prima magnificate, rendono Pang! un piccolo-grande capolavoro. Imitatissimo (e per questo inimitabile) ed ancora adorato da chiunque abbia a cuore le sorti del videogioco.
Andrea Corritore
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