PRINCE OF PERSIA

GENERE: Action/Adventure | PRODUTTORE: Broderbund | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1990
Questa è la storia di un’epoca lontana e favolosa, quando per creare un videogioco bastava una persona, un computer, una camera da letto e tanta, bruciante, totalitaria, ispirazione. Una storia che racconta di come quelle produzioni ideate in solitudine, con strumenti di sviluppo così primitivi da essere reperibili persino all’edicola sotto casa, potevano trasformarsi in capolavori assoluti prima ed in campioni di incassi poi. Perché questa è la storia di Prince of Persia e di colui che lo plasmò e lo rese grande: Jordan Mechner da New York.

L’ascesa al potere del principe e del suo mentore parte nel cuore degli anni Ottanta dal natio regno dell'Apple II e giunge a compimento al termine del decennio, culminando con la conquista di tutte le piattaforme digitali dell’epoca, console comprese. Una cavalcata inarrestabile costruita su due intuizioni decisive. La prima: soffiare un divino alito di vita dentro l'eroe sotto il controllo del giocatore in virtù di animazioni di fluidità e realismo fenomenali (grazie all’uso del Rotoscoping, che l’autore aveva già sperimentato in Karateka). La seconda: non renderle cortina fumogena atta a mascherare una giocabilità arcaica, ma parte integrante e fondamentale della fase interattiva. La quale, in quel momento, poteva tranquillamente essere considerata fra le più moderne ed evolute mai proposte dal videogioco occidentale.

Come se non bastasse, partendo da queste basi Prince of Persia esplica la propria inequivocabile appartenenza alla categoria delle pietre miliari in vari ulteriori modi, il più dirompente dei quali è l’impianto strutturale, con quel suo essere geniale e diabolico rompicapo avvolto fra le protettive e confortevoli braccia del gioco di piattaforme. Ciascuno dei tredici livelli che lo compongono è infatti interpretabile come un complesso ma coerente puzzle da riassemblare usando il corpo del principe come unico strumento di interazione: si prosegue non solo provando a sopravvivere alle infinite insidie mortali, ma anche e soprattutto risolvendo una via via sempre più articolata catena di enigmi ambientali sapientemente collegati tra loro che, una volta superati in sequenza, aprono l’uscita. Obiettivo, questo, ottenibile solo padroneggiando e sfruttando al massimo le strabilianti capacità atletiche del protagonista, così intimamente interconnese alle meccaniche ludiche da divenire inscindibile tutt'uno con esse. I salti brevi e quelli in lungo, le corse, le arrampicate, i dondolii sui cigli dei baratri, addirittura la gestione degli scontri: ogni singola azione non ha mai una funzione esclusivamente motoria, ma è sempre indispensabile anche per dirimere uno o più trabochetti. Tutto ciò genera un’armonia ludica formidabile, con la giocabilità che tocca vertici stellari anche grazie alla brillante ingegnosità delle mappe ed alla cura del modello interattivo. Qualità, queste, che rendono Prince of Persia uno dei più coinvolgenti videogiochi di sempre, capace di rapire il cuore tanto di chi vi si è approcciato al momento dell’uscita quanto di coloro i quali (e sono tanti) vi si accostano, incuriositi, ancora oggi.

Di rivoluzionario, però, non ci sono solo le fondamenta, ma anche il modo di intendere la progressione. Il detentore del Joystick ha a sua disposizione un’ora per scovare e sconfiggere il crudele usurpatore Jaffar. Sessanta minuti che scorrono in tempo reale e che non si fermano né ripartono da zero quando si muore: in Prince of Persia non esiste il concetto di “vite”, sostituite dall’implacabile svuotarsi della clessidra. Perire significa infatti perdere tempo (si ricomincia da un punto più indietro), e perdere tempo vuol dire non riuscire ad evitare che Jaffar sposi la principessa, evento che rende impossibile il raggiungimento del finale. E’ quindi necessario prima acquisire la più completa padronanza sulle movenze dell’eroe e poi analizzare ed interpretare le aree da esplorare, studiandone a memoria la conformazione al fine di non sprecare nemmeno un movimento. Un approccio punitivo e reiterativo, che, incredibilmente, non è mai frustrante, in quanto Prince of Persia stimola il continuo miglioramento di chiunque osi sfidarlo trasformandosi in infernale ma precisissimo meccanismo ludico: non perdona ma nemmeno bara, richiedendo caparbietà, riflessi pronti e la giusta dose di pensiero. Ma sa ricompensare adeguatamente gli sforzi fatti regalando un'esperienza indimenticabile, anche per mezzo di una durata intelligentemente breve, di un ritmo tanto intenso da mozzare il fiato e di una magistrale estetica pregna di austero minimalismo.

Un gioco che ha fatto la storia ma, curiosamente, non la fortuna di Mechner: dopo averne diretto l’eccellente seguito ed aver sfidato la sorte con lo sperimentale The Last Express, il grande creativo statunitense ha infatti abbandonato il mondo dei videogiochi per dedicarsi al cinema. Un vero peccato. Chissà cosa avrebbe potuto tirare fuori dal cilindro col passare degli anni, il progredire delle tecnologie e l’accumularsi dell’esperienza.
Andrea Corritore
Prince of Persia

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