RAINBOW ISLANDS: THE STORY OF BUBBLE BOBBLE II

GENERE: Platform | PRODUTTORE: Taito | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1-2 | ANNO: 1987
Durante la seconda metà degli anni Ottanta il monarca assoluto del regno dei giochi di piattaforme da sala era indubbiamente Bubble Bobble. Un successo planetario dovuto, per una volta, più all'immensa qualità dell'opera che a campagne pubblicitarie multimilionarie. Tuttavia il talento e la creatività degli artisti Taito erano ben lungi dall'esaurirsi. Per questo, quando nel 1987 uscì il seguito, molti giocatori non lo riconobbero...

Pur riprendendo l'impostazione piattaformica alla base del predecessore, Rainbow Islands ne rivoluzionava completamente le meccaniche. I livelli non erano più contenuti in un'unica schermata fissa, ma si sviluppavano in verticale e, per superarli, il giocatore, invece di eliminare tutti i nemici, doveva risalirli sino a raggiungerne la vetta. Sparite le bolle di sapone che connotavano Bubble Bobble, lo strumento a disposizione del pacioccoso Bub era l'inedita capacità di creare spettacolari arcobaleni con la duplice funzione di arma contro gli avversari e scalinata per salire verso il termine dell'area. La conformazione dei livelli, la disposizione ed i percorsi comportamentali dei nemici, erano studiati apposta per mettere alla frusta tanto i riflessi quanto le capacità cognitive di chi si trovava al di qua dello schermo, in un continuo variare di situazioni, ostacoli ed insidie da superare attraverso un utilizzo ragionato degli arcobaleni. Come se non bastasse, per ogni sezione c'era anche un limite indiretto di tempo, finito il quale lo schermo iniziava pericolosamente a riempirsi d'acqua. Ed allora arrivava il panico, sopraggiungeva la contrazione sfinterica e subentrava la fretta, che spingeva ad una disperata corsa verso l'alto da terminare dritta tra le grinfie di un gigantesco ma nel contempo carinissimo guardiano finale, altra novità in attesa dei temerari più abili.

Il divertimento garantito da una simile impostazione era di conseguenza travolgente, ma la vera peculiarità in grado di rendere Rainbow Islands capace di dare assuefazione era l'eccezionale complessità strutturale. Proseguendo la tradizione inaugurata da Bubble Bobble, le sorprese per chi voleva approfondire la conoscenza dell'opera Taito erano continue e meravigliose. La facoltà di creare delle vere e proprie carambole, eliminando più nemici con un unico arcobaleno, era solo la prima e più evidente tra le decine di tecniche diverse atte all'aumento esponenziale del punteggio. La varietà di possibilità operative, la profondità dell'impianto ludico e l'equilibrio con il quale tutte queste caratteristiche interagivano tra loro, garantivano uno spessore strategico insospettabilmente elevato. E la giocabilità ne guadagnava enormemente. Rainbow Islands infatti era (ed è tutt'oggi) incredibilmente divertente, appassionante, coinvolgente.

Tutto ciò era esaltato da una cornice d'eccezione. La grafica semplice ma coloratissima e carica di stile e carineria tutta nipponica, accompagnata da una musica a dir poco ipnotica, creava un'atmosfera quasi psichedelica. Le citazioni dai precedenti classici Taito (Da Arkanoid a Darius, passando per The Fairyland Story e Space Invaders) davano un ulteriore, gustosissimo, tocco di genialità in più. Ma la vera grande novità era rappresentata dall'assenza del multiplayer cooperativo visto in Bubble Bobble: i due giocatori si alternavano in un adrenalinico testa a testa per fare più punti possibile. Difficile stabilire quale delle due modalità fosse la più appassionante.

Rainbow Islands è uno splendido esempio di seguito ideale: diverso eppure simile all'originale, non per forza migliore ma perfettamente complementare ad esso e, soprattutto, graziato da una cura generale e da una freschezza realizzativa impareggiabile. Qualità queste, che lo rendono uno dei migliori videogiochi usciti durante gli anni Ottanta.
Andrea Corritore
Rainbow Islands

Rainbow Islands

Rainbow Islands

Rainbow Islands

© 2005 Retrocritics
Powered by dando.sando@gmail.com