RYUUKO NO KEN 2

GENERE: Beat'em Up | PRODUTTORE: SNK | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1-2 | ANNO: 1994
Nonostante il fenomenale Garou Densetsu 2 avesse messo SNK sulla mappa del picchiaduro ad incontri che conta, in quegli eccitanti primi anni Novanta che avevano come unico limite il cielo il cuore dei videogiocatori era ancora in balia di Capcom e del suo inossidabile Street Fighter 2. La grande madre del Neo-Geo fu quindi costretta a capire in tempi brevissimi che un solo tentativo non bastava per intaccare il dominio dell'altra casa di Osaka. Per questo andò a cercare proprio nel serbatoio di talenti dell'acerrima rivale il combustibile necessario a spiccare definitivamente il volo. E l'unico carburante con il giusto numero di ottani per incendiare un simile innesco non poteva che essere il mitico Finish Hiroshi, al secolo Hiroshi Matsumoto. Perché era stato proprio lui, nel 1987, ad ideare il primissimo Street Fighter. La dote che l'esperto creativo portò alla sua nuova azienda, quindi, fu inevitabilmente un'inedita, promettente, simulazione di combattimento: Ryuuko no Ken.

Uscito nel 1992, il primo capitolo della nuova serie messa a punto dallo storico marchio nipponico proponeva diverse novità molto interessanti, alcune persino visionarie nella loro temerarietà, ma soffriva della malattia che colpisce chiunque provi a fare il passo più lungo della gamba, andando oltre i limiti imposti dal proprio talento. Ne risultò un gioco sì innovativo, ma anche raffazzonato e squilibrato, che riscosse un successo modesto ed incapace di impensierire una Capcom sempre più dominatrice incontrastata del settore. Per questo la successiva ripresa, disputata due anni più tardi, si colorava di tinte quantomai affascinanti. Hiroshi doveva dimostrare ai suoi discepoli Okamoto e Nishitani (i quali, proprio facendo a meno della sua supervisione, avevano realizzato Street Fighter 2) che il re della lotta, in grado di inventare un genere dal nulla, era ancora lui. E SNK doveva dimostrare che Garou Densetsu 2 e Garou Densetsu Special non erano frutto del caso.

Ryuuko no Ken 2 suscitò grande clamore, al momento dell'uscita. E non poteva essere altrimenti, considerato lo spettacolo visivo messo in scena dai suoi realizzatori. Il fascino dell'ambientazione (la stessa South Town teatro degli eventi di Garou Densetsu, solo ritratta un decennio prima) e lo straordinario gusto estetico con il quale ne furono tratteggiati i luoghi principali funzionavano da degna e meravigliosa cornice per un impianto coreografico di sfolgorante bellezza. Il comparto tecnico mozzava il fiato: le dimensioni colossali degli sprites, le loro fluidissime animazioni, la suggestività ed il dettaglio minuzioso dei fondali, l'incredibile effetto zoom della telecamera virtuale che interveniva ogni volta che i combattenti si allontanavano troppo l'uno dall'altro, erano fattori che mai, prima di quel momento, si erano potuti ammirare tutti insieme ed in quei termini. In maniera simile a World Heroes 2, poi, la caratterizzazione dei personaggi prendeva le distanze dall'ingenua seriosità tipica del genere, proponendo lottatori pronti a sfoggiare un'efficace lato umoristico, capace di amplificarne il già elevato carisma. Ed il risultato era, nel suo complesso, talmente grandioso da impressionare ancora oggi.

Tutt'altra storia, purtroppo, dal punto di vista strutturale. Hiroshi, infatti, arricchì le meccaniche del primo episodio, aggiungendo numerose nuove caratteristiche ma lasciando, purtroppo, inalterati i difetti. In Ryuuko no Ken 2 si usano quattro pulsanti, ma solo due sono per calci e pugni: sfiorandoli il lottatore esegue un colpo debole, tenendoli premuti il colpo diviene forte. Il terzo tasto è per le prese e, premuto in contemporanea con quelli di attacco, sfodera ulteriori colpi intermedi. Il quarto pulsante, infine, consente di provocare l'avversario, facendo decrescere la sua energia spirituale (o ki). E proprio questa è la croce e la delizia del gioco. Il livello di ki degli sfidanti infatti diminuisce ogni volta che si usa una mossa speciale. Quando l'apposita barra si esaurisce questa fondamentale opportunità viene preclusa. Vi sono due modi per rimpinguare l'indicatore di ki: attendere il lunghissimo periodo di riempimento automatico oppure fermarsi per recuperare, rimanendo però alla mercè dell'avversario.

Le conseguenze di una scelta simile sono deleterie: se da un lato essa apre nuovi scenari strategici, dall'altro l'uso delle mosse speciali è disincentivato, nonostante la quantità di queste sia nettamente superiore alla media. E gli scontri si frammentano perdendo ritmo e spettacolarità. Inoltre, il particolare sistema di controllo non permette combattimenti corpo a corpo vari e spettacolari: troppo poche e troppo poco intuitive da realizzare sono le mosse base per garantire quella cristallina perfezione dei più blasonati e giocabili campioni coevi. Il risultato, ulteriormente danneggiato anche da collisioni imprecise e da una risposta ai comandi migliorabile, rende Ryuuko no Ken 2 decisamente confuso e poco divertente da giocare, notevolmente lontano dai livelli di armoniosa eccellenza dei suoi concorrenti. Una difficoltà elevatissima, ai limiti della scorrettezza, incide ulteriormente sul divertimento della modalità ad un giocatore, lasciando al secondo utente (sempre che se ne trovi uno disposto ad apprendere e padroneggiare adeguatamente la poco intuitiva struttura) l'onere di riequilibrare le partite.

Ed è un vero peccato. Perché, sulla carta, se ci fossero stati un bilanciamento ed una cura generale migliori, le meccaniche ludiche avrebbero potuto dar vita ad un gioco estremamente originale, profondo ed interessante. Così, invece, Ryuuko no Ken 2 è solo un gigantesco spreco di tecnica, che va a narrare implacabilmente l'ennesima, mesta, storia nella quale gli allievi superano il maestro.
Andrea Corritore
Ryuuko no Ken 2

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